|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|||||||||
|
|
|
|
|
|
|
|
|
||
|
|
|||||||||
|
|
|
||||||||
I VOLTI L’artista realizza opere straordinarie che
incantano lo spettatore con il loro fascino lunare ed enigmatico. Le sue creazioni, delicate e al tempo
stesso intense, nascono sulla fragile superficie del vetro, che sembra
riuscire a catturare l’essenza di ciò che viene rappresentato. Splendenti volti di donne dagli occhi
scintillanti appaiono come corpi celesti distanti e misteriosi, immagini che
ammaliano e sembrano prendere vita al chiaro di luna, corpi che nella notte
divengono reali, materializzazioni di sogni tridimensionali, che lasciano
tracce luminose nella memoria e nel cuore di colui che osserva. Donne dallo spirito audace e ribelle oppure
romantiche sognatrici appaiono come fiori variegati che emanano una stessa
energia luminosa. Sofisticate rose dal profumo inebriante o aggraziate
viole dalle sfumature delicate, l’artista ne ritrae l’anima che resta
intrappolata nelle tonalità argentate dell’opera come in uno specchio
incantato. Creature maliziose e consapevoli del loro
fascino che si mostrano ardite, sguardi intensi e vibranti d’emozione, labbra
che si schiudono e sembrano voler sussurrare ardenti parole d’amore o anime
più riservate, custodi di dolci segreti e desideri. Volti eterei avvolti in un’atmosfera
onirica che svelano ciò che si cela nelle profondità dell’anima, spiriti che
si nutrono di poesia e sublimi passioni o guerriere pronte ad addentar la
vita senza timore. La donna, entità misteriosa, angelo
tentatore o salvatrice, sacerdotessa nel tempio dell’amore e della creazione,
si svela in tutto il suo splendore nelle opere di un artista che riesce a
cogliere l’essenza dell’animo femminile, ad oltrepassare ciò che è tangibile
per immortalare quel che è eterno e sfugge agli sguardi. Dott.ssa Leonarda
Sabrina Martello ***** Recensione all’opera
“Ritratto di Giovane Orientale” L’artista ritrae il volto di una giovane
donna orientale, un volto misterioso ed enigmatico. La donna sembra scrutare lo spettatore; lo
sguardo intenso e magnetico svela la sua interiorità, i moti nascosti
dell’anima. Il dipinto sembra aver catturato l’anima
della donna; ciò che appare non è semplice materia ma qualcosa che sfugge
agli sguardi e resta nascosto nelle profondità dell’Io. Giovane elegante felino pronto a difendersi
e a sferrare un attacco a sorpresa, creatura scaltra e audace che sfida colui
che la osserva, senza timore, ella sembra voler mettere in guardia lo
spettatore, difendere il proprio mondo interiore con decisione. Il volto, dal fascino lunare ed etereo,
rivela la profondità del pensiero; increspature luminose sulla fronte
sembrano svelare una sorta di inquietudine e un’ intensa attività cerebrale.
L’atteggiamento è austero, composto, ma le narici dilatate e le labbra
serrate rivelano uno spirito ardito da combattente. Dignità e orgoglio, fascino e potere,
consapevolezza della propria forza, tutto ciò conferisce alla donna un
atteggiamento da regina, sovrana non disposta ad accettare sconfitte o
compromessi. Recensione all’opera
“Ritratto Michela Ugolini” L’opera seduce lo sguardo dello spettatore
con il suo fascino misterioso e lunare. L’artista sembra riuscire a cogliere
l’anima della donna attraverso un ritratto che sveli la più intima essenza
della femminilità. Immersa in un’atmosfera onirica e atemporale,
creatura eterea, non più semplicemente terrena, ella appare in una visione
che incanta. Lo sguardo, intenso e magnetico, rivela un
universo interiore intriso di luce e vibrante emozione, un mondo sommerso che
emerge in superficie al chiarore di luna. Colta in un momento di sensuale abbandono,
il suo volto risplende, rivelando le misteriose sfumature dell’anima, una
miscela di intensa dolcezza, e al tempo stesso, sottile, raffinata forza
interiore. Passioni e desideri ancora celati appaiono
sul volto della donna come immagini in una luminosa sfera di cristallo; gli
occhi, perle splendenti, e le labbra socchiuse svelano dolci ineffabili
segreti. Il dipinto rivela il nobile fascino della
donna, creatura siderea ed enigmatica, “Circe” che attrae con la luminosità
del diamante, catturando la “preda” in una tela intessuta da preziosi fili
d’argento. Fulgida visione nella notte, ella sembra
sussurrare nel silenzio parole che solo lo sguardo potrà cogliere e in lei
l’anima sembra innalzare il proprio canto da sirena, una melodia che sempre
risuona nelle profondità del mare e nelle sfere celesti. Dott.ssa
Leonarda Sabrina Martello ***** I RITRATTI INTERIORI
DI MAURO LACQUA La notte di luna calante scende sui
ritratti interiori di Mauro Lacqua, per avvolgerli di una luce argentina,
opalescente, ialina, che trascende le vanità terrene, per sublimarle in
accenti celestiali. I suoi stupendi Grigi lunari fotografano la realtà
effettiva esteriore, con l’occhio magico dello zoom penetrante, il residuo
interiore e l’interezza spirituale, in tutte le sue sfaccettature, con il
filtro del rilievo psichico, nella rarefazione materia ed il sottile gioco di
scambi alchemici, ricambi alcalini, riflessi dorati e riverberi ambrati.
L’essenza dell’eterno femminino ed il patos nell’assoluto divenire, in nudi
singoli ed in coppia, costituiscono la scoperta della pietra filosofale, che
è la sostanza catalizzatrice, il simbolo dell’alchimia, capace di risanare la
corruzione della materia, con l’elisir dell’immortalità, fornendo la panacea
universale, per qualsiasi malattia, la conoscenza assoluta dell’essere e del
non essere, del passato e del futuro, del bene e del male. il tutto è
rappresentato dall’effetto del chiaroscuro, dal simbolo del vedo-non-vedo e
dalla filosofia dell’intravisto, che apre mente e cuore, corpo e anima,
materia e spirito ad od ogni eventuale evenienza possibile ed immaginabile. Gianni
Latronico – Pittore, Poeta e Critico d’Arte ***** I rilievi più intimi dell’anima si snodano
nelle opere di questo abile artista. La serie “Gli archetipi” non sono né
pittura né scultura, ma rappresentano un sondare nelle pieghe dell’inconscio
e allo stesso tempo si snodano nel contesto, quasi come fossero suggestive
immagini collettive. Garze, muti tessuti che acquisiscono voce poiché
plasmati intensamente dalla sapiente mano che li intinge di cemento e colla e
le stende sul supporto. Come sosteneva Karl Gustav Jung « Nessun archetipo è
riducibile a semplici formule. L'archetipo è come un vaso che non si può
svuotare né riempire mai completamente. In sé, esiste solo in potenza, e
quando prende forma in una determinata materia, non è più lo stesso di prima.
Esso persiste attraverso i millenni ed esige tuttavia sempre nuove
interpretazioni. Gli archetipi sono elementi incrollabili dell'inconscio, ma
cambiano forma continuamente». “I fiori” sono dominati, seppur con
significato diverso, da analoghi materiali, che nei loro addensamenti si
connotano di fulgide colorazioni. Le macchie degli “Acquarelli Steineriani”
danno vita a molteplici forme, dove l’occhio si disperde e dilaga nel
fluttuare dell’inconscio. La ricerca di Mauro Lacqua è infinita, egli
investiga i luoghi in cui vive e l’umano che abita il mondo. Intensa la serie
“Profonde cicatrici” che egli stesso così definisce: «Ho visualizzato
l'immagine molto bella di un corpo di donna segnato da profondi tagli e poi
in qualche modo ricucito, cercando di suturare le ferite che dal cuore e
dall'anima lasciano il segno fino alla superficie. L’impulso di cucire quelle
ferite, un'esigenza forte, molto intima, come ad urlare con la forza
dell'immagine la sofferenza che lacera». In questo caso magmatiche
stratificazioni abitano il supporto: la risultante che ne deriva è pregna di
significato emotivo. La sofferenza tuttavia non uccide la femminilità che
trapela dalle pieghe del dolore. Interessanti anche le opere monocrome create
con grigi lunari su retro di vetro, da cui ne scaturisce un’aulica
opalescenza dovuta alla rifrazione della luce e al suo compenetrarsi tra le
armoniche ombre. Mauro Lacqua è molto più che un artista, è un genio della
sperimentazione. Paola
Simona Tesio - critico d’arte, giornalista e critico letterario ***** PREFAZIONE al libro
di Michela Moreschini e Mauro Lacqua “Perché ancora
indugi sulla mia porta?” Gli acquarelli di Mauro Lacqua, intensi e
forti, misteriosi ed inquieti, ci appaiono come le emozioni della vita. Le
emozioni che ci accompagnano e ci colpiscono, ci scuotono e ci investono con
intensità lasciandoci spesso sgomenti nel tentativo di giungere ad una loro
lettura che sia significante e perciò rassicurante. Decifrare e leggere la parte intima di noi
stessi e acquisire un’alfabetizzazione emotiva è il tentativo costante e
instancabile dell’artista. Dare una forma a qualcosa che forma non ha, come
le opere di Mauro, è in fondo l’operazione quotidiana che ognuno di noi mette
in atto nel tentativo di leggere la realtà emotiva e la vita stessa. Questo passaggio da qualcosa di
destrutturato a strutturato, da ignoto a conosciuto, da inquietante e spaventoso
a integrato nella nostra mente, è reso ancora più evidente dall’accostamento
alle opere di Mauro delle poesie di Michela Moreschini. Michela mette in luce attraverso una
lettura intima dei quadri di Mauro, il senso delle emozioni che la vista delle
opere dell’artista ci suscitano. E’ una lettura resa possibile attraverso
passaggi animistici e profondamente intimi e personali. Un colore diventa allora una parola e un
acquarello l’ispirazione di un pensiero poetico. Come se qualcosa
appartenente all’inconscio si materializzasse in poesie e dunque potesse
essere reso accessibile alla dimensione della coscienza. Qualcosa di non verbalizzabile, disponibile
solo a livello sensoriale, diventa leggibile e compreso attraverso
l’ispirazione di Michela. Ma può accadere anche l’inverso e cioè che
le parole, la dimensione verbale della poesia, possa “de-strutturarsi” in un’emozione e
diventare tripudio di colore. La realtà adesso diventa quella non verbale,
trasferita nelle opere di Mauro, nei suoi acquarelli. Mauro ci parla con un linguaggio più
viscerale, più ancestrale, più universale. Non sono le parole ora a dar
significato, ma i colori. Un completamento che possiamo trovare nelle
opere di questi due artisti, di una dimensione psichica che attraversa il verbale
e non verbale, inconscia e conscia, sensoriale e percettiva, e che giunge ad
una rappresentazione metaforica dove il linguaggio delle emozioni è quello
attraverso il quale noi possiamo dare un senso alla nostra vita. Maurizio
Brescello - Psicologo ***** L’arte è una passione che nasce
nell’infanzia e prosegue passando dagli insegnamenti di Mimmo Canonico a
quelli di Monica Anselmi. Mauro Lacqua oscilla con eleganza tra figurazione e
astrazione, sperimentando materie e tecniche diverse, come l’acquarello e la
pittura su vetro. I suoi ritratti di donna sono fulminee apparizioni lunari
dell’essenza del femminino. I colori sono quelli del ghiaccio: azzurri, blu,
bianchi e grigi, come se i volti bellissimi fossero intrappolati nella lastra
di un iceberg. In realtà si tratta di vetro, che allude alla trasparenza e ai
giochi di riflesso del ghiaccio. Le pose sono sempre da diva: sensuali e
ammiccanti, sicure di sé, mai volgari, anche nel nudo, ma raffinate e
aggraziate. Algide icone della bellezza. Archetipi. Proprio Il titolo
Archetipi porta una serie di opere recenti. Vortici di materiali grezzi e
voluminosi, come cemento e garze, in un incontro tra pittura e scultura. Ogni
piega è un mondo, dove ciascuno può trovare un suo personale tesoro, scovare
un tesoro lontano, che sembrava dimenticato, far riaffiorare sogni e memorie.
Il colore, evocativo, suggerisce la dimensione in cui ci troviamo,
malinconica con gli azzurri, più allegra o passionale ed intensa con i gialli
e i rossi. Vera
Agosti – critica e curatrice di mostre d’arte contemporanea ***** LA SCULTOPITTURA
DINAMICA DI MAURO LACQUA L’acqua chiara, fresca e dolce di laghi,
fiumi e ruscelli; l’acqua nera, verde, azzurra di oceani, mari e cascate
confluiscono nelle plaghe candide, sulle tavole blu, nelle vallate in fiore
di Mauro Lacqua, per esprimere la ricchezza dell’oro bianco nella sua
scultopittura individuale e spirituale. Rubini, smeraldi e diamanti del suo tessuto
connettivo; giada, onici e resine del suo cemento armato; losanghe, prismi e
rilievi dei suoi colori acrilici e delle sue garze grasse formano il massetto
materico, lo spessore poliedrico ed i ritratti interiori del dinamismo
personale, collettivo e cosmico. Ricorrendo agli elementi delle sensazioni
visive, il Nostro si esprime nella natura naturata della realtà effettuale
esterna e nella natura naturans di segni, volumi e forme interne, che
sottendono l’alma architettura naturale, dell’ambiente circostante, dello
spirito commosso e dell’anima sognante. I gesti della mano ispirata e i movimenti
della spatola veloce seguono la fibrillazione cardiaca, l’emozione pulsante e
l’estro incessante, che gli permettono di superare gli ostacoli della materia
grigia, in palpiti d’infinito, respiri d’assoluto, ansie d’immortalità, allo
stato puro ed a livello universale. Mauro Lacqua ha la facoltà di cogliere nel
segno la mirabile visione globale, il suo innato talento artistico e di farne
veri propri capolavori con la sua scaltra abilità tecnica, espressa in
acquarelli steineriani, omaggi floreali, archetipi prototipi, tratti
verisimiglianti, tempe scoscese e ferite profonde. La catarsi artistica eleva alle egregie
cose della terza dimensione la materia prima e grigia, il disegno ornato e
geometrico, il quadro figurativo ed informale nel tripudio del caleidoscopio
cromatico e nel folgorio del settimo splendore, con una vena di malinconia,
tra il sacro ed il profano. Gianni
Latronico – Pittore, Poeta e Critico d’Arte ***** L’ARCHETIPO
INTERIORE L’archetipo materico di Mauro Lacqua non è
una scultura dipinta, una pittura scolpita, un quadro modellato; ma uno
scosceso rilievo interiore, che parte dalle profondità abissali dell’anima;
si espande sulla tela e s’irradia fino ai margini, invadendo il campo visivo
del fruitore. Questi è disorientato e sconvolto, di
fronte ai tratturi erbosi, agli anfratti rugosi, agli scorci argillosi, ai
piazzali erbosi dell’intricato tessuto connettivo esterno, del dedalico
labirinto in superficie e del profondo significato interno che, dopo un
istante d’incertezza iniziale, comincia a toccare con mano. È solo un attimo: da quel momento, il
residuo psichico, fatto di nera zavorra e di pietre preziose, lo pervade di
un’ebbrezza intima, di una scossa sismica, di un delirio tremens e l’effetto
mediatico s’impadronisce di lui, senza più dargli via di scampo, per una via
d’uscita. Ogni attento osservatore si immette
nell’opera d’arte di turno di Mauro Lacqua e scopre un mondo diverso dal
terreno, ma parallelo al nostro, molto migliore, per la sua verdicità, beltà
ed irresistibile avvenenza fisica e morale, umana e divina. La suggestione gli agevola il passaggio
dalla durezza della materia ostica alla leggerezza dello spirito lieve, dalla
crudeltà del mondo reale al candore di quello informale, dalla catarsi
artistica all’estasi estetica, all’iter mediatico di transfert dinamico. Queste mirabili fantasie poetiche,
oniriche, elegiache elevano alle idee pure dell’inclito Iperuranio, al
settimo splendore del celestiale Empireo, alla poesia lirica dell’alto
Elicona, in un’atmosfera rarefatta, con una luce diafana, in un’infinita
grazia divina. Qui, le cicatrici, gli anfratti, le rughe
perdono il peso della materia prima, grigia e deprimente, per salire alla
nuova dimensione degli dei immortali, al nuovo corso dell’arte vera, alla
nuova categoria dell’etica universale, per aprire un nuovo capitolo nella
Storia dellarte contemporanea. Chi semina nel cupo dolore miete nella
gioia piena e Mauro Lacqua ha dovuto soffrire molto nella vita reale, con
un’esistenza tormentata ed una meditazione continua, per trasformare il male
in bene, il brutto in bello, l’inferno in paradiso terrestre. Gianni
Latronico – Pittore, Poeta e Critico d’Arte ***** Mauro Lacqua non ama essere definito un
artista, un pò come tutti i creativi intimiditi dal loro stesso successo e
figli di un percorso di formazione
progressivo e appassionante, più che della semplice inventiva del momento. Le sue opere spaziano dal tema dei fiori,
metafora della natura gravida di spontanea perfezione, ai ritratti di corpi e
volti femminili, da sempre impetuosa sorgente d'ispirazione per l'immaginario
maschile, passando per quelle tele che lui stesso definisce Archetipi,
rimandando la mente alle forme originali che permettono alla memoria
collettiva di ricordare e tramandare i principi generali del mondo. Quello che più colpisce di questo caparbio
pittore classe 1966 originario di Milano e oggi attivo tra il capoluogo
meneghino e Pavia, è l'utilizzo dei materiali più disparati nelle sue
espressioni artistiche: quasi mai semplici tele, molto spesso tavole o canvas
ricoperti di garze e piccoli stracci imbevuti prima nel cemento e poi
lasciati solidificare. O ancora vetro o pet, a seconda dell'impatto sullo
spettatore che si vuole generare e delle caratteristiche del colore. Mauro ha esposto i suoi lavori durante
numerosi eventi di prestigio che l'hanno portato a viaggiare tra Pechino,
Parigi, Lisbona ed una miriade di piccole e grandi città italiane, dove la
critica l'ha sempre accolto con caldo entusiasmo. Alcuni dei suoi quadri più affascinanti
sono ritratti su fondo di vetro di diverse, bellissime donne colte nell'acme
della loro espressività. Al profilo pensieroso di Ylenia, si alterna lo
sguardo vitreo di Yara che inarca il dorso per mettere in risalto il fondo schiena,
suscitando quasi imbarazzo per la sensualità del suo corpo e l'indifferenza
del suo volto. Poi ancora la naturalezza malinconica di Francesca e la
procacità de La Cocca. Sono tutti paesaggi umani distinti, curve e fisionomie
in cui riconoscersi oppure perdersi incantati per il puro piacere di guardare
senza essere guardati. Lacqua non ricorre al colore per far vivere le sue
pallide guance o i solchi, quasi ferite, delle sue soffici ma statuarie
bellezze , preferisce superfici piene e buie come la notte in cui far
rilucere i soggetti sinuosi e decisi, quasi fosse un baleno interno a quei
corpi ad irrompere sulla scena e non un bagliore proiettato volutamente su di
essi. Un candore lunare che genera distanza tra l'osservatore eccitato e
l'oggetto freddo del suo desiderio, nonostante il forte coinvolgimento
emozionale che fa da fil rouge al corpus di opere nel suo complesso. Indira
Fassioni – fondatrice progetto Rosaspinto ***** …l’immagine diviene via via più
frastagliata nella pittura materica di Mauro Lacqua con un metodo pittorico
in grado di rivelare la carica erotica della donna, proiettando un’intensa
luminosità sul corpo, emergente da uno scenario particolarmente caliginoso. Sabrina
Falzone - Critico e Storico dell’Arte ***** Corpi materici, pastosi e grezzi, segnati
da profonde cicatrici metaforiche. Sono i solchi nei fondi di caffè,
principale materia prima di questo inquieto collante, che con l’olio e il
silicone riesce a non sgretolarsi, ma rimane vivo e denso di indecifrabile
concretezza. Le ferite dell’anima diventano apertamente visibili e concrete,
alcune aperte e sanguinanti, altre che si curano e rammendano con ago e filo,
da cui le evidenti cuciture che emergono come dettagli del dolore sulla pelle
delle donne ritratte. Vera Agosti
– critica e curatrice di mostre d’arte contemporanea ***** Fa riflettere l’incontro con le opere di La lettura dei quadri di La figura femminile viene più volte
riproposta e dà sensazioni simili, ma diverse per intensità. E’ lo stato
d’animo che propone all’infinito lo scorrere della visione ed è la capacità
del grande artista che la ferma. Le ferite a taglio profondo, o più estese a
cracklè (la lacerazione), lasciano intravedere una cucitura con filo
(elemento ottimistico), mentre la linea di contorno della figura è ben
marcata e pura (il radicamento della donna amata). Grande armonia d’insieme e
colori caldi, accattivanti verso il loro dire pittorico. Valter
Fabbri – giornalista e critico d’arte ***** …il fiore ha come un
miele che inebria l’aria; un suo vapor che bagna l’anima d’un
oblìo dolce e crudele (Digitale Purpurea,
Pascoli) Una sensualità celata da garze e stracci. Una
leggera vibrazione di colore. Sembra di sentire il respiro corto e dolcemente
sofferto di alcune poesie pascoliane. Un Gelsomino notturno che si dischiude
in gesso e cemento, una Digitale purpurea il cui profumo si intuisce da
lontani lamenti. Veli di materia trasparente su fiori e cicatrici che
pulsano, magicamente intrappolati dalla sostanza del tempo, del ricordo, di
una bellezza soffusa. C’è una passione nostalgica, a tratti irruenta, a
seconda che si tratti di quadri i cui contorni siano definiti in quelli di
soggetti reali, come i fiori, evocativi di atmosfere crepuscolari, o di opere
in cui il cuore dell’artista si addentra in una rabbia bruciante, a disfare
ogni profilo. Stropicciati di fuoco e aperti come ferite. Un andamento
pittorico silenziosamente contraddittorio, che potrebbe svelare gli
indomabili movimenti psichici. Cristalli floreali protetti da un sapore
eterno, alternati a squarci di vivido rosso. Viola
Lilith Russi - critica e curatrice di mostre d’arte contemporanea ***** Mauro per il suo spessore intellettuale
supera e varca i confini e i limiti del suo tempo. Dotato di una pregevole e sicura capacità
grafica, riesce a plasmare la materia col suo pensiero, a trasferire in essa
la sua interiorità dinamica e creativa e a mettere a nudo una personalità
sensibile, ma fortemente evoluta, dove non trovano spazio abitudini mentali
statiche e teorie superate. La raffigurazione grafica tradizionale del
reale che in passato gli è servita per l’osservazione attenta della realtà,
per l’apprendimento delle tecniche della pittura e per l’approccio al colore,
oggi è trasfigurata da una visione più originale, più vicina al suo
temperamento. Ha maturato un diverso modo di rappresentare il vissuto, di
uscire da quei luoghi comuni che spesso banalizzano un’opera pittorica e che
si allineano al pensiero della massa anonima e ripetitiva. Mauro ha trovato una strada nuova per
uscire dal quotidiano. Ha adottato una tecnica diversa, utilizzando materiali
semplici come garze, pezze sottili che imbevute di cemento e applicate su
tela preparata seguono le mani esperte dell’artista, fino ad assumere le
forme che egli desidera dare all’oggetto preso in esame. La realizzazione dell’opera non segue uno
stereotipo comune, segue invece un impulso che provenendo dal profondo
dell’essenza emotiva dell’autore e quindi da fonte spirituale e da masse di
energia ribollenti nell’intimo, generano, altresì, essenze di colore, di
forme, di movimenti, di contrasti. La rosa non è un limite nello spazio, ma un
infinito nello spazio stesso, un illimitato e la sua espansione non radica in
un contenitore qualsiasi, ma dirama oltre la tela, oltre lo stesso concetto
di determinazione, di limitatezza. Da questa fuga oltre l’astratto emerge il
cuore della raffigurazione, l’intima essenza dello stesso concetto
dell’esistere, del regno dove dominano le interiorità di quel fiore, la
ragione del suo essere: respiro, dinamismo, potenza interiore. L’opera non presenta mai l’aspetto esterno
dell’oggetto, ma la struttura del suo “Io”. Come Mauro sia giunto all’elaborazione del
suo pensiero è facile intuirlo. Il vero artista si stacca dalla logica
della massa che vuole capire, senza porsi degli interrogativi, che si
accontenta di modelli semplici e strutturati. Egli cura il prodotto più affine al suo
temperamento, alla sua sensibilità, ha una visione fisica e metafisica del
reale che spesso sprofonda nella ricerca spasmodica di una verità universale,
di un linguaggio pittorico più intimo, più confidenziale. L’originalità di un’opera d’arte si misura
attraverso i parametri della sensibilità soggettiva, della consapevolezza che
viaggiando virtualmente dentro se stessi si può scoprire un mondo diverso,
nuovo e straordinario. Nelle opere pittoriche di Mauro esiste
questa tormentosa, dolorosa e affannosa ricerca, perché nel creare egli non
risparmia né le sue forze fisiche, né le sue ricchezze spirituali, come se
nella sua azione emergesse lo stesso impulso divino che ha dato origine alla
nascita dell’universo. Osservando un dipinto di Maria
Giovanna Casu – scrittrice, poetessa e critica d’arte ***** La sperimentazione artistica nella tecnica
dell’acquerello diparte dalle funzioni cromatiche che l’artista conferisce
alle sue emozioni, ai soggetti illuminanti, ai giochi tra verità velate ed
oniriche rappresentazioni. La ricerca dell’artista, pregna di toni
antroposofici, rievoca emozioni sulla coscienza storica di matrice
steineriana, e ripropone quesiti di carattere introspettivo, introducendo
retouché di esperienze vissute ravvisabili nei circoscritti ed espansi
movimenti del colore. Memorie kandinskiane rilevano dai flutti
vivaci con colorazioni astratte, e dai soggetti emergenti nei ritagli
dimensionali spazio – tempo. Si comprende, pertanto, come l’artista
renda esistenziale ogni traccia decorativa in un universo dove nulla è
lasciato al caso, dove l’apparente vaniloquio cromatico suscita informazioni
comprensibili all’astante, esercitando un divenire musicale, ora grave, ora
dolce, sulle gradazioni policrome. Il colore riveste un ruolo di poeta,
interprete e nunzio dell’indistruttibilità dell’anima, in sintonia con la
tradizione del primo novecento avanguardista. Il blu e il giallo, rispettivamente il
cielo e la terra, seguendo la lezione dei maestri teorici dell’astrattismo,
rivelano percezioni interiori di antiche energie naturali, ed ancora
l’interpretazione di profonde forze centrifughe; il verde, emblematico nei
suoi caratteri, interpreta il dinamismo spirituale e tensione artistica, con
benefico valore per l’individuo. L’artista tenta così di liberarsi dei
limiti fisici, sovrapponendo atmosfere spirituali e tonalità cromatiche
affiancate da empirici vissuti: egli non si cura di stabilire contatti
concreti tra le forme, e predilige che siano le forme medesime a dettare i
movimenti astratti delle sue composizioni. Gli acquerelli di Armonia nelle dimensioni, simboli nelle
forme e quasi geroglifici nei colori, raccontano significative esperienze
tradotte al ritmo di conversazioni sinfoniche. Lo spettatore, nella
contemplazione delle opere, esiste in un rapporto esteriore richiamando una
partecipazione scenica, e interagisce con dialoghi fiabeschi nell’attesa di
una morale soggettiva. Matteo
Arcodia Fonseca - critico d’arte |
|